La Convenzione europea dei diritti dell'uomo e il caso Anziane per il clima

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La Convenzione europea dei diritti dell'uomo e il caso Anziane per il clima

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) firmata il 4 novembre 1950 svolge un ruolo fondamentale nella protezione dei diritti umani in Europa. La Svizzera l’ha ratificata nel 1974 e quest’anno festeggia i 50 anni dalla sua entrata in vigore. Con la storica sentenza adottata nell’aprile 2024 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo sul caso Anziane per il clima, che stabilisce un nesso tra cambiamento climatico e diritti umani, l’importanza della Convenzione ha fatto parlare di sé nel dibattito pubblico.

Su questa pagina trovate domande e risposte sulla CEDU e sul caso Anziane per il clima.   

Domande e risposte sulla CEDU

Cos’è la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU)?

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) è un trattato internazionale che tutela i diritti umani e le libertà fondamentali. Firmato dagli Stati membri del Consiglio d’Europa nel 1950, rappresenta la base giuridica più importante per la protezione dei diritti umani in Europa. La Svizzera l’ha firmata nel 1972 e ratificata nel 1974. Da allora, la Convenzione è parte integrante dell’ordinamento giuridico svizzero. 

Cos’è il Consiglio d'Europa?

Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione intergovernativa per la promozione e la tutela dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto in Europa. Il Consiglio d’Europa è organizzato democraticamente e dispone di vari organi.  

 

La Svizzera, che vi ha aderito nel 1963 e da allora ne è membro a pieno titolo, partecipa al Comitato dei ministri composto dai ministri degli Esteri dei 46 Stati membri. Il Comitato dei ministri è l’organo decisionale del Consiglio d’Europa e, tra le altre cose, ne definisce gli orientamenti politici.  

 

Inoltre, la Svizzera dispone una delegazione all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. La delegazione svizzera è composta da 12 deputate e deputati del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati (sei membri permanenti e sei supplenti) che rappresentano gli interessi della Svizzera. Oltre a ciò, la Svizzera nomina un giudice in seno alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU).  

 

Alain Berset, eletto a segretario generale del Consiglio d’Europa, sarà il primo svizzero a ricoprire, da metà settembre 2024 la più alta carica in seno a quest’organizzazione. 

 

Il Consiglio d’Europa e i suoi organi non vanno confusi con l’Unione europea (UE) di cui la Svizzera non fa parte: si tratta di due istituzioni completamente diverse, anche se i nomi dei loro organi sono talvolta molto simili. Va fatta una distinzione anche tra il Comitato dei ministri del Consiglio d‘Europa e il Parlamento europeo, composto dai ministri degli Stati membri dell‘UE. Occorre infine distinguere tra la Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) con sede a Strasburgo e la Corte di giustizia dell’Unione europea con sede a Lussemburgo.  

Cos’è la Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU)?

La Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU), con sede a Strasburgo, è un tribunale istituito dal Consiglio d’Europa il cui compito è di applicare la CEDU in singoli casi. È la più alta Corte europea in materia di diritti umani. La sua giurisprudenza è un punto di riferimento per questioni etiche complesse e delicate. La Corte fornisce anche un orientamento per l’interpretazione dei diritti umani aiutando i tribunali nazionali ma anche le singole persone a comprendere la portata dell’obbligo di protezione che incombe agli Stati. Per questo viene chiamata anche la «coscienza dell'Europa».  

 

Le singole persone possono far valere violazioni dei diritti umani direttamente dinanzi alla Corte se hanno esaurito senza successo tutte le vie di ricorso previste dall’ordinamento del proprio Paese. Le sentenze della Corte sono giuridicamente vincolanti. Questo significa che gli Stati condannati sono tenuti a rispettarle. Questa combinazione tra la possibilità per gli individui di presentare denunce, da un lato, e per la Corte europea dei diritti dell'uomo di emettere sentenze vincolanti, dall'altro, rende la CEDU unica al mondo. 

 

Uno dei motivi che spiega l’importanza della CEDU per la tutela dei diritti umani in Europa è la possibilità di interporre ricorsi individuali. Anche se altre istituzioni come le Nazioni Unite prevedono questa possibilità, le decisioni che adottano non sono vincolanti. I ricorsi individuali dinanzi agli organi delle Nazioni Unite si concludono infatti con una raccomandazione agli Stati interessati, non con una sentenza.    

 

A seconda della complessità, i casi sottoposti alla Corte EDU sono esaminati da un giudice unico, da un comitato di tre giudici, da una Camera composta da sette giudici o dalla Grande Camera composta da 17 giudici. 

Che importanza ha la CEDU per la Svizzera?

La Svizzera ha ratificato la CEDU quasi 50 anni fa, nel novembre 1974. Secondo l’articolo 46, gli Stati contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nelle quali sono parti. Ratificando la CEDU, la Svizzera si è quindi impegnata a rispettare le sentenze della Corte europea.  

 

Dalla sua ratifica, la CEDU ha avuto un notevole influsso sulla legislazione e sulla giurisprudenza svizzere. Anche la Costituzione federale svizzera, adottata nel 1999, è fortemente influenzata dalla CEDU e dalla giurisprudenza della Corte. La CEDU contribuisce all’armonizzazione degli standard in materia di diritti umani in Europa. La giurisprudenza della Corte europea consente infatti agli Stati membri di migliorare costantemente il rispetto dei diritti umani attraverso un processo di apprendimento reciproco. 

 

La firma della CEDU nel 1972 e la sua ratifica nel 1974 hanno rappresentato delle conquiste sul piano politico. In Svizzera, ultimo Paese dell'Europa occidentale ad aderire al Consiglio d’Europa nel 1963, la firma della convenzione era in discussione da anni. L’intenzione iniziale del Consiglio federale era di firmare la CEDU solo con riserva di ratifica, dato che la Svizzera non riconosceva alle donne il diritto di voto e la sua legislazione non sanciva la libertà di religione.  L'introduzione del suffragio femminile era quindi una condizione per aderire alla CEDU. 

Chi può presentare un ricorso contro la Svizzera alla Corte europea dei diritti dell’uomo?

In linea di principio, chiunque può presentare un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo contro uno Stato contraente per violazione dei diritti umani. Tuttavia, è possibile presentare un tale ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo unicamente se sono già state esaurite tutte le vie legali nazionali. Per ricorrere contro uno Stato, per esempio contro la Svizzera, occorre illustrare davanti alla Corte in che modo il Paese ha violato i diritti umani secondo la CEDU. Di norma, il ricorso può essere presentato solo da persone che soggiornano in Svizzera o che l’hanno lasciata da poco.   

 

Anche gli Stati possono interporre ricorso contro altri Stati contraenti per violazione dei diritti umani. Per esempio, in seguito all’invasione delle forze armate russe, l’Ucraina ha presentato un ricorso contro la Russia quando questa era ancora membro del Consiglio d’Europa.  

 

Non è invece possibile ricorrere contro singole persone, aziende o altre organizzazioni non governative: la responsabilità primaria per il rispetto e la promozione dei diritti umani incombe infatti agli Stati firmatari della CEDU.  

Perché serve la CEDU se la Costituzione federale svizzera sancisce già i diritti fondamentali?

La Costituzione federale è stata adottata nel 1999, ossia molto dopo l’adozione della CEDU. I diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione federale poggiano in ampia misura sulla Convenzione e sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.  

 

Tuttavia, contrariamente a molti Paesi europei, la Svizzera prevede solo una giurisdizione costituzionale molto limitata. Il Tribunale federale, infatti, non ha la facoltà di controllare la costituzionalità delle leggi. In Svizzera le leggi federali possono essere applicate anche se violano la Costituzione, ma non se violano la CEDU. La CEDU offre pertanto una certa protezione contro la mancanza di una giurisdizione costituzionale.  

 

L’aspetto più importante, tuttavia, è che i diritti umani non sono statici ma evolvono costantemente, devono applicarsi a sempre nuove problematiche ed essere tutelati da quelle esistenti. La Corte europea dei diritti dell’uomo fornisce impulsi molto importanti. Dalla procreazione assistita alla libertà di espressione sui social media fino all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, la CEDU elabora linee guida sui diritti umani per i tribunali e l'amministrazione su alcune delle questioni etiche più difficili del nostro tempo. 

 

A volte tali linee guida risultano da casi riguardanti la Svizzera, come nel caso delle Anziane per il clima (per maggiori informazioni vedi più avanti). Il ricorso inoltrato dall’associazione era stato respinto dal Tribunale federale, che non ha riconosciuto l’esistenza di un nesso tra cambiamenti climatici e diritti umani. La Corte europea ha invece riconosciuto l’esistenza di un legame tra questi due elementi. La sentenza della Corte è destinata a diventare un nuovo punto di riferimento a livello internazionale.  

Il Consiglio d’Europa si avvale della Corte EDU per sorvegliare la tutela dei diritti umani in Svizzera?

La Svizzera finisce nel mirino della Corte EDU solo quando vengono presentati ricorsi che la chiamano in causa. Non si può quindi parlare di sorveglianza. La Corte europea è piuttosto un’autorità di controllo per la protezione dei diritti umani.  

La Svizzera mette a rischio la propria sovranità e la propria democrazia applicando le sentenze di Strasburgo?

No, anzi. Nel 1971, l’adesione alla CEDU è stata proposta ufficialmente dal Consiglio federale. La proposta è stata discussa in Parlamento (Consiglio nazionale e Consiglio degli Stati). Entrambe le Camere hanno votato a favore dopo aver discusso in dettaglio i vantaggi e le possibili sfide. La Svizzera ha quindi deciso democraticamente di aderire alla CEDU.  

 

Con il passare del tempo, la CEDU è stata completata da vari protocolli addizionali, ratificati anche dalla Svizzera. I protocolli aggiuntivi alla CEDU erano generalmente soggetti a un referendum facoltativo. Ciò significa che chiunque avesse rifiutato questi protocolli avrebbe potuto chiedere un referendum su di essi. 

 

La Svizzera partecipa inoltre agli organi democratici del Consiglio d’Europa. Come tutti gli altri membri del Consiglio d’Europa, può quindi contribuire alla definizione delle politiche del Consiglio d’Europa. Particolarmente degna di nota in questo contesto è l’elezione di Alain Berset alla carica di Segretario generale del Consiglio d’Europa nel giugno 2024.  

 

Va infine sottolineato che anche la CEDU può essere sviluppata in un processo di formazione della volontà democratica che la Svizzera può influenzare in misura significativa. Ne è un esempio il «processo di Interlaken» per rendere più efficace la Corte EDU avviato dalla Svizzera, che all’epoca presiedeva il Comitato dei ministri. La Corte europea dei diritti dell'uomo è quindi un tribunale comune (non un tribunale straniero) dei suoi 46 Stati membri. Sebbene contribuisca a definire la situazione dei diritti umani negli Stati membri, viene a sua volta plasmata dai suoi Stati membri. Come ogni sistema comune, comporta determinate regole, ma i suoi membri vi aderiscono perché sono convinti di poter ottenere risultati migliori insieme anziché da soli. È questo il caso della Confederazione dei Cantoni svizzeri e della Confederazione degli Stati membri del Consiglio d'Europa. 

 

La democrazia dipende da condizioni quadro rispettose dei diritti umani. Perché la democrazia funzioni, tutti devono potersi esprimere in sicurezza e in condizioni di equità. La tutela dei diritti umani permette quindi di migliorare anche la qualità della democrazia.  

Cosa succede quando uno Stato viene condannato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per violazione dei diritti umani?

 Se uno Stato viene condannato per aver violato uno o più articoli della CEDU, il caso viene trasmesso al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, composto dai ministri e dalle ministre degli Esteri di tutti gli Stati membri. Il Comitato si consulta con lo Stato interessato in merito all’esecuzione della sentenza. Se necessario, lo Stato adotta misure concrete o generali, in particolare modifiche legislative.   

 

Poiché il Comitato dei ministri è composto da membri dei governi degli Stati membri, ci si può chiedere se operi davvero in modo efficace e imparziale o se i rappresentanti degli Stati siano di parte o abbiano conflitti di interesse. I potenziali conflitti di interesse potrebbero infatti compromettere l’indipendenza del Comitato e rendere più difficile l’effettiva esecuzione delle sentenze della Corte di Strasburgo. Le evidenze scientifiche indicano tuttavia che la discussione in seno al Comitato non incide negativamente sull’esecuzione delle sentenze. Al contrario, il coinvolgimento attivo degli Stati consente un dialogo costruttivo che tendenzialmente innalza gli standard dei diritti umani in tutta Europa. 

Domande e risposte sul caso Anziane per il clima

Chi è l’associazione Anziane per il clima?

 L’associazione Anziane per il clima (KlimaSeniorinnen) è un’organizzazione non profit svizzera che conta più di 2000 membri, la maggior parte dei quali sono donne di età superiore ai 70 anni. In collaborazione con Greenpeace, si batte per la giustizia climatica utilizzando le vie legali. Le Anziane per il clima seguono le orme della fondazione ambientalista Urgenda, la prima ad aver citato in giudizio, nel 2019, il governo olandese sulla base della CEDU per non aver adottato misure sufficienti a ridurre i gas serra. Tuttavia, il caso era stato esaminato soltanto da autorità giudiziarie nazionali (ossia quelle olandesi). 

 

I cambiamenti climatici toccano tutti, ma non allo stesso modo e nella stessa misura. A causa del riscaldamento globale, le ondate di calore sono sempre più frequenti e possono risultare fatali per le persone anziane. Le Anziane per il clima chiedono che lo Stato adempia il proprio obbligo di protezione nei confronti dei cittadini e delle cittadine. La Svizzera non contribuisce in misura sufficiente alla riduzione delle emissioni di CO2 necessaria per raggiungere gli obiettivi climatici definiti dall’Accordo di Parigi sul clima, tra cui quello di mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5° C.  

Di cosa tratta il caso Anziane per il clima portato dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo?

L’associazione ha presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo sostenendo che i diritti fondamentali dei suoi membri (prevalentemente donne) erano stati violati a causa delle conseguenze dei cambiamenti climatici.  

 

Per adempiere il proprio obbligo di protezione, la Svizzera avrebbe dovuto adottare le misure necessarie per salvaguardare la vita e la salute delle persone anziane, tra cui ridurre le emissioni di CO2 per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo globale, che prevede di limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 1,5° C. Secondo l’associazione, la Svizzera non avrebbe rispettato gli impegni assunti.  

 

Il ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo riguardava in particolare la violazione del diritto alla vita (art. 2 CEDU) e del diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU). L’associazione ha inoltre ritenuto che fosse stato violato anche il diritto a un processo equo (art. 6 CEDU), visto che la giustizia svizzera si era rifiutata di entrare in materia.  

Qual è stato l’iter nel caso specifico?

Come primo passo, nel 2016 le Anziane per il clima si sono rivolte al Consiglio federale, al Dipartimento dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC) e all’Ufficio federale dell’energia chiedendo l'adozione di misure per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima. 

 

Dopo che, nel 2017, il DATEC ha respinto la richiesta, l’associazione ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo federale. Il tribunale ha confermato la decisione del DATEC non riconoscendo i motivi invocati dalle ricorrenti e adducendo che le persone anziane non sono particolarmente colpite dalle conseguenze dei cambiamenti climatici. 

 

L’associazione ha quindi deciso di portare il caso dinanzi al Tribunale federale, la massima autorità giudiziaria svizzera, che nel 2020 ha respinto il ricorso, sostenendo che per attuare le loro richieste le ricorrenti dovevano optare per una via politica e non giudiziaria.  

 

Dopo aver esaurito i rimedi giuridici previsti dalla legislazione nazionale, le Anziane per il clima hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Il caso è stato deferito direttamente alla Grande Camera nel 2022. La Grande Camera, composta da 17 giudici, esamina i casi particolarmente complessi che riguardano l’interpretazione della CEDU. Nell’aprile 2024, i 17 giudici della Camera hanno dato parzialmente ragione alle ricorrenti dichiarando la Svizzera per la violazione dell'art. 8 del diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU) e del diritto a un equo processo (art. 6 CEDU), ma non per la violazione del diritto alla vita (art. 2 CEDU).   L’associazione Anziane per il clima ha convinto il tribunale del fatto che i diritti umani delle donne anziane sono stati violati per l’inazione delle autorità svizzere di fronte ai cambiamenti climatici.   

 

Contemporaneamente al caso Anziane per il clima, la Grande Camera ha esaminato altri due casi riguardanti i diritti umani e i cambiamenti climatici: Carème contro Francia e Duarte Agostinho e altri contro Portogallo e altri 32 Stati. In entrambi i casi, la Grande Camera ha respinto il ricorso all’unanimità.  

Che importanza ha la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sul ricorso presentato dalle Anziane per il clima?

Il tempo ci dirà quanto la sentenza della Corte di Strasburgo sia importante. Secondo alcuni esperti, si tratta di una sentenza storica; per altri, è un caso isolato che non avrà ulteriori ripercussioni. Una cosa è certa: la sentenza crea un precedente, perché un tribunale internazionale ha stabilito per la prima volta un nesso tra i cambiamenti climatici e i diritti umani. È quindi molto probabile che condizionerà la futura giurisprudenza della Corte. Non solo ha un effetto giuridico diretto per la Svizzera, ma definisce anche un nuovo standard in materia di clima e diritti umani in Europa. Avrà un impatto importante anche al di fuori dell’Europa, visto che in tutto il mondo i tribunali si trovano a dover affrontare la questione di come tutelare i diritti umani nel contesto dei cambiamenti climatici.  

 

Le Anziane per il clima considerano la sentenza della Corte europea una grande vittoria non solo per tutte le donne anziane, ma anche per l’accesso alla giustizia in Europa.  

Come ha reagito la politica alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo?

La sentenza della Corte europea sul caso Anziane per il clima ha suscitato scalpore, quantomeno in Svizzera. Le reazioni in Europa sono state contrastanti. In Svizzera, il caso ha dato adito a un vivace dibattito sul media e si è imposto anche nel dibattito parlamentare nazionale.   

 

In una dichiarazione del giugno 2024, il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati hanno chiesto al Consiglio federale di non dare seguito alla sentenza. Nella sua interpretazione del caso, la Corte europea avrebbe oltrepassato i limiti dello sviluppo del diritto concessi a un tribunale internazionale, non avrebbe rispettato i processi decisionali democratici della Svizzera e avrebbe violato il principio di sussidiarietà.  

 

Con questa reazione, il Parlamento svizzero ha messo in discussione la legittimità della CEDU, sferrando in particolare un attacco al cuore del sistema CEDU, ossia al carattere vincolante delle sentenze della Corte. La decisione sull’esecuzione delle sentenze e sull’eventuale necessità di ulteriori misure spetta al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa nel quale la Svizzera è rappresentata. 

 

Nell'agosto 2024, il Consiglio federale ha commentato l'attuazione della sentenza della CEDU. Nella sua dichiarazione, il Consiglio federale ha riconosciuto che «La CEDU e l’adesione al Consiglio d’Europa (…) rimangono di grande importanza per la Svizzera». Tuttavia, non è disposto ad adottare ulteriori misure per proteggere i diritti umani nel contesto del cambiamento climatico. La sua opinione è che la Svizzera abbia già soddisfatto i requisiti di politica climatica previsti dalla sentenza nel caso delle Anziane per il clima. 

Che valutazione dà l’ISDU del caso l’Istituzione svizzera per i diritti umani?

La dichiarazione dell’Assemblea federale è un attacco al cuore del sistema europeo dei diritti umani e mette in discussione la competenza della Corte EDU, indebolendo la tutela dei diritti umani in tutta Europa.  

 

Anche la posizione del Consiglio federale sulla natura vincolante delle sentenze della Corte dei diritti dell'uomo non è del tutto chiara. Questo nonostante il fatto che la natura vincolante di queste sentenze sia un elemento centrale della protezione dei diritti umani in Europa. L’ISDU deplora inoltre la critica del Consiglio federale all’ «l’interpretazione estensiva della CEDU fatta dalla Corte EDU»; il fatto che la giurisprudenza sulla CEDU abbia un certo dinamismo è un prerequisito affinché essa rimanga rilevante come convenzione e mantenga un reale effetto protettivo. 

 

In realtà, la sentenza della Corte europea non è così rivoluzionaria come il Parlamento svizzero vuole farci credere. Prende spunto da una lunga tradizione giurisprudenziale basata sull’idea che la CEDU deve potersi applicare a nuove realtà e a nuove problematiche.  

 

I diritti umani devono evolversi e adattarsi a un mondo che cambia costantemente. Questo comprende anche il legame tra cambiamenti climatici e diritti umani, riconosciuto per la prima volta da un tribunale internazionale nel caso Anziane per il clima.  

 

Con questa sentenza, la Corte europea ha quindi adempiuto il proprio compito fondamentale e non ha oltrepassato le proprie competenze.  

Con questa sentenza la Corte europea ha creato un nuovo diritto fondamentale, ossia il diritto a un ambiente sano?

No. Con la sentenza dell’aprile 2024, la Corte europea non ha creato un nuovo diritto fondamentale ma ha applicato un diritto esistente, ossia il diritto alla protezione della salute, a un rischio relativamente nuovo per la salute: i cambiamenti climatici.  

L’ISDU si impegna a favore del diritto a un ambiente sano?

L’ISDU si impegna in particolare a garantire il rispetto delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo che si basano sui diritti esistenti. Il caso Anziane per il clima concerne il diritto alla vita privata e familiare (art. 8 CEDU) e il diritto a un equo processo (art. 6 CEDU). In un primo tempo, l’ISDU raccomanda all’Assemblea federale di riflettere su come proteggere al meglio i diritti umani esistenti nella propria politica climatica.   

 

Vi sono però voci che chiedono esplicitamente di riconoscere il diritto a un ambiente sano come diritto fondamentale. La rete che raggruppa le istituzioni nazionali per i diritti umani europee (European Network of National Human Rights Institutions, ENNHRI), alla quale l’ISDU ha aderito, è favorevole all’adozione di un protocollo aggiuntivo vincolante alla CEDU che sancisca il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile. L’ISDU sostiene questa proposta. 

Già nel luglio 2022, anche il Consiglio federale si era adoperato per l'istituzione di tale diritto. In un comunicato stampa ha sottolineato che la Svizzera, in qualità di co-iniziatrice di una risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha contribuito a «far riconoscere come diritto umano a tutti gli effetti il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile». La Svizzera si è vista nel ruolo di costruttrice di ponti che ha contribuito a «avvicinare i blocchi esistenti a vantaggio di una soluzione multilaterale».